Folder della discordia: la querelle con Poste
Giuseppe Lasco, vicedirettore generale di Poste Italiane, interviene sull’editoriale di Giulio Filippo Bolaffi pubblicato sul numero di maggio-agosto del Collezionista in merito ai due folder Francobolli valori nel tempo.
di Domitilla D’Angelo
Sul numero di maggio-agosto (IC 5-8.19 p. 1) Giulio Filippo Bolaffi, amministratore delegato di Bolaffi SpA, ha commentato l’iniziativa definendola un’operazione commerciale di Poste positiva per i propri conti economici, ma una mossa tattica di breve respiro, rispetto a una visione strategica di lungo periodo da cui la filatelia avrebbe potuto trarre beneficio.
La reazione di Poste
In una comunicazione del 10 luglio ricevuta nella sede della Bolaffi di Torino Giuseppe Lasco, vicedirettore generale di Poste Italiane, ha dichiarato: «Si riscontra la pubblicazione, effettuata in data 13/6/2019 sul vostro sito web www.ilcollezionista.bolaffi.it, di un editoriale dal titolo “Foglietti privati, collezionisti gabbati?” gravemente lesivo dell’immagine e della reputazione della Scrivente. Infatti, una serie di elementi – a partire dall’immagine che campeggia sopra l’articolo – evocano ed alludono ad un asserito espediente adottato da Poste Italiane al fine di incrementare il proprio business ai danni dei collezionisti privati. Tale circostanza risulta destituita di fondamento, non veritiera e, per giunta, fuorviante per le seguenti ragioni. Come è noto, questa Società ha tra i propri fini istituzionali, consacrati anche nell’ultimo Contratto di programma sottoscritto con lo Stato per il periodo 2015-2019, il compito di promuovere e diffondere la cultura filatelica (art. 7).
A questo scopo, commercializza prodotti filatelici e, tra gli altri, appositi folder contenenti francobolli che vengono acquistati dagli interessati. Per valorizzare le emissioni del passato, sono stati realizzati, in occasione di due eventi (Milanofil e Veronafil), alcuni album con fogli di francobolli aventi corso legale ed una sovrastampa unicamente sulla cimosa (esterna alle carte valori), riportante la ricorrenza di riferimento, la data e la numerazione di ciascun pezzo.
Si tratta, pertanto, di oggetti che hanno una loro intrinseca peculiarità e che sono stati offerti ad un target di clienti esperti che ben potevano riconoscere il valore del prodotto in modo assolutamente trasparente, tant’è che sono espressi in lire e, per definizione, sono riconducibili ad una precedente emissione. Non si comprende invero il motivo per cui la vendita di francobolli aggregati in maniera innovativa e celebrativa dal fornitore del servizio universale – e non da “chiunque abbia ancora in magazzino fogli di vecchi francobolli in lire” – con modalità chiare e inequivocabili (la valuta, l’intitolazione dei folder “francobolli: valori nel tempo”, ecc.) dovrebbe rappresentare una pratica commercialmente censurabile tanto da essere assimilata ad una scena cinematografica che, nel percepito collettivo, equivale ad una clamorosa truffa. Nello stesso senso viene utilizzato il termine “gabbati”, sebbene in una formula apparentemente dubitativa nell’incipit dell’editoriale. Ne risulta una pubblicazione che, alternando allusioni su scopi e modalità non consoni e, di contro, rassicurazioni sulla correttezza dell’operato di Poste Italiane (“prezzo corretto”, “attività assolutamente legittima”, ecc.) si rivela, nel complesso, ambigua ai danni della Scrivente che ha tra suoi valori fondanti il rapporto di completa fiducia con la clientela. Anche la preconizzazione di un crollo nel valore dei francobolli suindicati appare infondata sia perché, ad oggi, restano ferme le disposizioni vigenti che ne conferiscono il corso legale a tempo indeterminato sia perché è noto che una simile eventualità non implicherebbe affatto, in modo inevitabile ed automatico, un deprezzamento dell’oggetto. Da ultimo, altrettanto apodittica appare l’affermazione secondo cui l’iniziativa non avrebbe “allargato la base del collezionismo a nuovi soggetti” ed anzi minerebbe la filatelia, quando il medesimo articolo ne riconosce, contraddittoriamente, l’ampio ed indiscusso successo (“vendite record, prodotto esaurito e prezzi di vendita schizzati verso l’alto”).
Sulla base di quanto sovraesposto, la Scrivente Società invita e diffida la società Bolaffi a rettificare i contenuti dell’editoriale in oggetto, anche a mezzo della pubblicazione della presente, astenendosi per il futuro dal pubblicare informazioni lesive dell’immagine di Poste Italiane S.p.A. riservandosi quest’ultima ogni opportuna azione a tutela delle proprie ragioni».
La risposta di Bolaffi SpA
L’autore dell’editoriale contestato, Giulio Filippo Bolaffi, meravigliato per aver suscitato una così forte contrarietà da parte di Poste italiane ma onorato per aver stimolato i vertici della controparte, conferma le motivazioni che sottostanno alle sue riflessioni e precisa che le considerazioni pubblicate sono ispirate al principio di libertà di opinione e di stampa; quanto all’accostamento alla beffa di Totò è ironico come facilmente intuibile.