Folder della discordia: i commenti degli opinionisti
Esperti del settore si interrogano sulla bontà dell’iniziativa di Poste italiane folder Francobolli: valori nel tempo. Ecco le loro voci
Di Domitilla D’Angelo
«Facciamo due conti? Quello dei folder Francobolli: valori nel tempo è per Poste italiane un affare da 360 mila euro. Per gli 800 esemplari del primo folder, il ricavo, a fronte di un prezzo unitario di 120 euro, è infatti di 96 mila euro. Per i 1.200 pezzi del secondo folder, sovrastampati sul bordo 24 maggio 2019 e distribuiti in cambio di 220 euro, l’introito sale a 264 mila euro. Questa “operazione nostalgia” ha insomma permesso alla società di cominciare a svuotare i magazzini e di incassare una discreta sommetta, rifilando ai collezionisti – che potremmo definire “folderoli” sulla scia dei “fogliaroli” degli anni Sessanta – quella che non è affatto una nuova emissione».
Claudio Baccarin, collezionista e giornalista (Il Mattino di Padova)
«A Poste Italiane, che è oggi una normale società per azioni, è rimasta affidata sul fronte filatelico quasi una “mission impossible”: commercializzare un prodotto, come il francobollo, sul quale ha scarsissima voce in capitolo, per quanto riguarda soggetti, veste estetica, scelte temporali (tutti di competenza governativa). Che l’azienda cerchi di sfruttare i propri limitati margini di azione è quindi comprensibile. È giusto che i commentatori le chiedano di farlo rispettando un certo stile? Una richiesta che si può motivare con il fatto che, volente o nolente, Poste italiane è l’erede della lunga storia del servizio postale in Italia. Ma è opportuno, in un momento in cui sono gli stessi emittenti che ne inventano una al giorno per vendere le proprie produzioni (materiali bizzarri, forme strampalate, collegamenti ipertestuali, persino criptovalute…), imporre all’azienda questo lacciuolo? È lecito chiedere a Poste italiane di non “indurre in tentazione’’ i collezionisti? Mi è stato chiesto di esprimere un’opinione e, istintivamente, mi schiererei fra i perplessi, ma credo che in fondo sia solo una reazione dettata dalla nostalgia del passato. Forse, di fronte alle cospicue giacenze di carte valori postali, magari – come nel caso in esame – espresse ancora in lire (il che ne rende almeno faticoso l’utilizzo postale), occorrerebbe scegliere una strada più radicale. Non sono l’autore di questa idea, ma la sposo volentieri: perché l’autorità ministeriale non potrebbe soprastampare direttamente queste vignette con adeguati riferimenti tariffari per renderle comodamente utilizzabili per le spedizioni postali? I precedenti non mancano…».
Riccardo Bodo, collezionista e giornalista (Ansa)
«La mia opinione collima esattamente con quella espressa nell’editoriale di Giulio Filippo Bolaffi pubblicato nello scorso numero del Collezionista, ma desidero soprattutto fare mia l’articolata e ben più autorevole opinione che mi ha fornito Angelo Di Stasi, consulente filatelico del ministero dello Sviluppo economico. Iniziative del genere puzzano, se mi è concesso dire, di speculazioncella, giocando per di più sull’ambiguità. Lasciato il ministero per diventare società per azioni, Poste italiane non è ente emittente, per cui le soprastampe altro non sono che iniziative private di nessun valore e che al massimo “deturpano” (copyright di Giulio Filippo Bolaffi) resti di magazzino. Unici beneficiari, i pochi che nella filatelia intravedono guadagni immediati, ma i danni alla credibilità del francobollo da collezione sono seri. Sono bolle che passano (chi si ricorda più delle placchette d’argento?) che scontentano i più e che lasciano la bocca amara a quanti (e sono la maggioranza) collezionano i francobolli per piacere e per sapere».
Danilo Bogoni, collezionista e giornalista (L’Economia del Corriere della Sera)
«Sappiamo che chiunque può adattare i bordi dei francobolli (così come gli interi postali, ma escludendo l’impronta di affrancatura) aggiungendovi propri testi; una volta si usavano anche i perfin: si potevano personalizzare i francobolli, ad esempio per evitare furti, perforandoli con sigle o loghi. Ora Poste italiane, per smaltire le giacenze, ha aggiunto scritte sulle cimose, come una qualsiasi realtà privata. Comprensibile. L’importante è non equivocare: non sono nuove emissioni (la cui competenza è dello Stato, attualmente attraverso il ministero dello Sviluppo economico), non sono rarità, non serviranno ad attrarre nuovi collezionisti».
Fabio Bonacina, giornalista specializzato (Vaccarinews)
«Per i filatelisti di tutto il mondo ciò che fanno e vendono le poste è “vangelo”. Quindi gli oggetti inseriti nei due folder Francobolli: valori nel tempo sono ufficiali. A conferma di ciò le Poste hanno distribuito i folder in servizio novità ai loro abbonati. Sarebbe completamente diverso (e non sarebbero commercializzati da Poste) se a sovrastampare i bordi fossero stati dei privati, altri operatori commerciali o altri operatori postali. Per quanto riguarda l’aspetto commerciale, date le esigue tirature e l’importanza degli oggetti, non posso che pensare a un forte aumento delle quotazioni sul libero mercato».
Sebastiano Cilio, commerciante e presidente Associazione nazionale professionisti filatelici
«Perfettamente d’accordo con Filippo Bolaffi sulle soprastampe marginali di Poste italiane. Anche senza considerare che l’emissione delle cartevalori postali è un’esclusiva del ministero dello Sviluppo economico, e che Poste italiane è una società per azioni e quindi un ente privato, la soprastampa è apposta sui margini, dove chiunque può aggiungere senza problemi scritte e immagini, purché non offensive o oscene. Tant’è vero che già in passato ci sono stati casi del genere, come la coppia-ponte con il leone di San Marco e RFPV (Riunione Filatelica Primaverile Veneziana 1947) o quelle dei circoli filatelici di Savona e di Reggio Emilia dello stesso anno, di cui nessuno si ricorda più, cosa che accade a tutte queste trovate private. Senza contare che tali aggiunte sono cosa normale per gli appassionati di interi postali, che però le considerano poco rilevanti. Per cui fanno bene i cataloghisti seri a non riportare tali soprastampe marginali, se non in nota: ma in ogni caso tutte, quelle attuali come quelle del 1947 e altre ancora, con la medesima considerazione. Per evitare ai collezionisti future spiacevoli sorprese, che finirebbero per allontanarli dalla filatelia».
Franco Filanci, collezionista, autore di francobolli, scrittore specializzato (Storie di posta)