Amelia Earhart, aviatrice da record (anche postali)
L’attrice Hilary Swank fa rivivere al cinema le imprese di Amelia Earhart. Le lettere che l’aviatrice-postina portò con sé in volo danno concretezza alle sequenze del film
Un dollaro per un volo di dieci minuti. La passione per gli aerei che Amelia Earhart (1897-1937) nutrì fino all’ultimo iniziò così, con l’acquisto di un biglietto per un volo turistico su Los Angeles. Era il 28 dicembre 1920 e fu subito amore: seguirono le lezioni di volo – pagate lavorando come stenografa, camionista e fotografa –, il primo biplano – comprato con i risparmi della mamma e della sorella –, il brevetto da pilota – nel 1923 divenne la sedicesima donna a ottenerne uno dalla Federazione aeronautica internazionale – e i record, i tanti record che Amelia inanellò negli anni Venti e Trenta e che la proiettarono nel firmamento dei grandi dell’aviazione, trasformandola in un’icona americana.
I record
Amelia Earhart fu la prima donna ad aver toccato i 4.300 metri di quota (1922), la prima ad aver sorvolato l’Atlantico come passeggera (1928) e in solitaria (1932), la prima ad aver infranto il record di velocità in un volo transcontinentale (1933), la prima ad aver compiuto il coast to coast senza scalo (1933), la prima ad aver attraversato il Pacifico (1935).
Quando nel 1937 morì, aveva quasi quarant’anni e stava per coronare un nuovo primato: diventare la prima donna ad aver compiuto il giro del mondo.
L’ultimo volo
Insieme al copilota Frederick Noonan, era decollata il 1° giugno da Miami, diretta a Porto Rico, poi Africa, India, Nuova Guinea. Da lì mancava solo il balzo finale, settemila miglia per tagliare il traguardo. L’incidente accade quando i due erano già in contatto radio con la base di Howland, all’alba del 2 luglio: del loro Lockheed Electra si perdono le tracce. A nulla valgono le ricerche cui concorrono tutte le unità navali e aeree della zona. La scomparsa resta un mistero che, come spesso capita, ha dato adito a scenari fantasiosi: la Earhart sarebbe scomparsa mentre operava sotto copertura dei servizi segreti; sarebbe stata catturata dai giapponesi, internata e giustiziata; testimoni sostengono che sarebbe sopravvissuta e avrebbe trascorso gli ultimi anni della sua vita in una tranquilla località della provincia americana; c’è anche chi fa intervenire gli extraterrestri.
Ipotesi non comprovate. Di concreto rimangono le lettere che la Earhart trasportava in volo: testimoniano il coraggio e lo spirito d’avventura di una donna che infranse tanti record (e tanti pregiudizi), e sono la prova provata di un avvincente capitolo della storia dell’aviazione, della posta, dell’umanità.
Il film
Accolto freddamente dalla critica, che non ha apprezzato la versione troppo patinata e la scarsa passione in una storia di grandi passioni, “Amelia”, diretto dalla regista indiana Mira Nair, è uscito nel 2009. La produzione contava su un cast di quelli che al pubblico piacciono: Hilary Swank è la protagonista, Richard Gere il marito, Ewan McGregor l’amante. Nonostante gli interpreti di rango, la confezione di lusso e un soggetto che promette molto, il film non è decollato. Un merito però gli va riconosciuto: avere fatto conoscere una vicenda che, nel corso dei decenni, era rimasta confinata nel solo patrimonio culturale americano.
Nel 1963 l’amministrazione postale statunitense dedicò all’aviatrice del Kansas un’esemplare di posta aerea da 8 centesimi.
Il Messico portò fortuna alla Eharhart: due dei suoi record, nel 1935, iniziarono o terminarono sul suolo messicano: il primo volo in solitaria da Los Angeles a Città del Messico e il primo volo in solitaria senza scalo da Città del Messico a Newark, in New Jersey. Nello stesso anno le poste messicane tributarono all’aviatrice un francobollo di posta aerea con la sovrastampa Amelia Earhart vuelo de buena voluta Mexico 1935.