La casta Lucrezia
di Gianfranco Fina
«E da oggi in poi, più nessuna donna, dopo l’esempio di Lucrezia, vivrà nel disonore». Lucrezia, donna bellissima e integerrima, era moglie di Collatino, amico di Sesto Tarquinio, giovane ed esuberante figlio dell’ultimo re di Roma, conosciuto come il Superbo. Collatino presenta la moglie a Sesto che se ne invaghisce, all’insaputa del marito la va a trovare, trascorrono una allegra serata insieme, infine succede quello che una volta si diceva l’irreparabile. Ma Lucrezia evidentemente non aveva gradito le attenzioni del giovane principe, così manda a chiamare padre e marito, racconta che è stata presa con la forza, chiede vendetta e infine si uccide col pugnale. Da qui la rivolta, la cacciata dei re etruschi e la nascita della Repubblica. Chiaramente Tito Livio, raccontando la storia nell’Ab urbe condita (I,58), vuole esaltare il senso dell’onore e della dignità delle matrone romane, pronte a pagare a caro prezzo un’offesa ricevuta, anche senza alcuna colpa diretta. Lorenzo Lotto (Venezia ca. 1480, Loreto ca 1556) dipinse questa eroina nel 1535 circa e profuse tutta la sua capacità tecnica e psicologica nel ritrarre Lucrezia Valieri, moglie di un appartenente alla famiglia veneziana dei Pesaro, che diede anche un doge alla Serenissima. Molte le simbologie che si ritrovano nel dipinto: le violaciocche (castità), l’abbigliamento sfarzoso e il copricapo (donna maritata di alto censo), il bigliettino con la famosa frase di Livio in latino, la stampa che riproduce una statua romana, l’ampia scollatura (Lucrezia si pugnalò nel cuore).
Quanto vale Se la National Gallery di Londra volesse privarsene, è possibile che la base d’asta oscillerebbe attorno ai 10 milioni di euro, e non ci sarebbe da stupirsi se il risultato finale fosse di gran lunga maggiore.