Il bilancio 2012 di Poste italiane
di Francesco De Carlo
Pur essendo interamente partecipata dallo Stato (l’assetto societario vede il ministero dell’Economia e delle Finanze come unico proprietario), Poste italiane spa è una società di capitali, e come tale è tenuta annualmente a rendere pubblici i suoi bilanci. L’8 maggio scorso l’assemblea degli azionisti della società guidata da Massimo Sarmi ha approvato il bilancio 2012, rendendo disponibile la relazione finanziaria annuale 2012, un documento di 536 pagine, contenente non solo i risultati di gestione, il bilancio consolidato del Gruppo Poste (di cui fanno parte una galassia di aziende tra cui la compagnia aerea Mistral, la telefonica Poste mobile e il corriere Sda) e quello d’esercizio della società per azioni, ma anche informazioni interessanti per chi si occupa in senso lato della materia postale (vale la pena ricordare che la Filatelia rientra, commercialmente, nel settore Postale).
Per il 2012 l’utile netto del gruppo è stato di 1.032 milioni di euro (erano 846 nel 2011 e 1.018 nel 2010) mentre per la sola Poste italiane è stato di 722 milioni (contro i 699 e 729 dei due anni precedenti): un trend positivo, soprattutto se rapportato all’anno precedente.
Ma l’utile non è tutto. I numeri da prendere in esame per capirci qualcosa sono gli indici di bilancio: per il Gruppo il ros, cioè la redditività delle vendite, è del 6,8% (nel 2011 era 8,4% e nel 2010 9,5%); il roi, la redditività del capitale investito, è del 1,3% (era 1,7% e 2% nei due anni precedenti); il roe, l’indice di redditività del capitale proprio, 33,5% (contro il 45,7% e il 42,2% del biennio precedente). La sola Poste italiane registra un ros al 10,3% (era 14,8% e 15,2% rispettivamente nel 2011 e nel 2010), un roi all’1,7% (era 2,7% e 2,8%) e un roe al 29,3% (contro il 49% e il 37,4% dei due anni precedenti).
Non occorre essere esperti per capire che tutti gli indicatori sono in calo a causa del «rallentamento dell’economia mondiale dovuto principalmente a una più bassa crescita dei paesi dell’area euro e dei mercati emergenti con conseguente perdita di vigore del commercio internazionale». Pur in uno scenario di incertezza economica come quella che vede l’Italia in recessione da molti mesi, Poste italiane ha cercato di «mantenere un livello adeguato dei ricavi attraverso lo sviluppo di servizi ad elevato contenuto innovativo» accompagnandolo a un contenimento dei costi.
Le variazioni nel triennio 2010-2012 sono tutte positive tranne che per i settori Servizi postali e commerciali, i quali pur aumentando dell’1,9% nel 2011 rispetto all’anno precedente nel 2012 arretrano del 9,8%: 595 milioni di euro in meno di ricavi dal settore postale. Lo stesso trend per Poste italiane. In questo caso a calare del 10,8% rispetto al 2011 (ed era già diminuito del 3,4% rispetto al 2010) è il settore Corrispondenza (che accorpa la Filatelia). Mettendo insieme, tra gli altri, anche il calo dei proventi del Corriere espresso e Pacchi, si ottiene che il 2012 ha chiuso con un -2,7% rispetto al 2011 (il biennio precedente aveva invece un timido valore positivo dello 0,1%): complessivamente, cioè, i ricavi di Poste hanno retto, ma solo perché a mitigare i “meno” del settore postale – che dovrebbe essere il core business dell’azienda – sono arrivati i 5.319 milioni di euro del redditizio Bancoposta (+3,5% rispetto al 2011). A leggere i dati, si desume che degli 8.846 milioni di ricavi totali del 2012 ben il 60% deriva da attività non postali.
Poco male se si tiene conto dei dati macro-economici italiani registrati negli ultimi anni, ma che fanno comprendere la strategia adottata da Sarmi: mirare all’innovazione diversificando le attività non postali (bancaria, assicurativa, telecomunicazioni mobili, e-commerce, e-government) per offrire una gamma di servizi a valore aggiunto su tutto il territorio nazionale attraverso la rete fisica degli sportelli postali.
Dalla analisi dei dati, una cosa è certa: il settore postale (e con esso il corriere espresso, i pacchi e la filatelia, funzionalmente accorpate nella stessa area di business) sono in lento ma graduale declino.
I motivi? Sfogliando la relazione se ne intravvedono alcuni, fin dal contesto normativo: il contratto di programma 2012-2014, che regola i rapporti tra ministero dello Sviluppo economico e Poste italiane e che definisce gli ambiti del cosiddetto servizio universale e le norme del comparto filatelico, è ancora in alto mare, mentre nel corso del 2012 si è dovuto sostenere l’impatto di numerosi decreti che hanno sanzionato l’esclusione dal servizio universale degli invii di pubblicità diretta indirizzata; l’estensione delle tariffe per le pubblicazioni dei soggetti iscritti al roc (registro degli operatori di comunicazione) anche alle spedizioni di prodotti editoriali effettuate da associazioni e organizzazioni senza fine di lucro; l’aumento delle tariffe postali dal 1° gennaio 2013; l’uso esclusivo della pec (la posta elettronica certificata) per la partecipazione a bandi e concorsi nella pubblica amministrazione centrale in sostituzione della tradizionale posta raccomandata. Se si aggiungono anche un minore utilizzo della posta per la pubblicità elettorale, una razionalizzazione delle spedizioni da parte dei grandi clienti e il progressivo aumento delle forme elettroniche di comunicazione, ecco che nel 2012 sono diminuiti anche i volumi dei prodotti tradizionali come la posta indescritta (-12,6%) che comprende la posta prioritaria, il direct marketing (-17,4%) e la posta non indirizzata (-132%). Una decelerazione delle quote di mercato e dei ricavi che Poste ha cercato di rallentare, sviluppando nuovi prodotti e servizi.
Con riferimento alla Filatelia, il documento contiene un riepilogo delle attività a sostegno del settore, sviluppate nel corso del 2012: l’apertura dello Spazio Filatelia a Genova, che porta a sette il numero totale di negozi filatelici, un ricco programma filatelico, le collane editoriali Francobolli d’Italia e C’era una volta la lira in partnership con Bolaffi, l’organizzazione dei due eventi nazionali Romafil e Milanofil, il sostegno ai progetti Filatelia e Scuola e Filatelia nelle carceri. Poche invece le informazioni sulla consistenza del settore e le strategie per il futuro. Si rileva, per esempio, che nel corso del 2012 ci sono stati 900 nuovi abbonati al servizio novità e oltre 12mila ordini online di francobolli da parte dei tabaccai (contro i 2.500 del 2011), ma che complessivamente il settore ha perso il 24,3% dei ricavi, passando da 181 milioni del 2011 ai 137 del 2012. Va da sé che la relazione annuale non illustra tutti gli elementi che incidono sul bilancio. Come la progressiva sostituzione della comunicazione scritta tradizionale – busta-lettera-francobollo – con quella digitale (che offre non solo il vantaggio della rapidità e dell’economicità ma anche quello della mobilità); in altre parole, si scrive di meno con carta e penna, ma si comunica di più con pc e smartphone. Poi c’è la concorrenza che aumenta e si fa più agguerrita, offrendo a un pubblico che adesso è più attento al risparmio, servizi equivalenti a prezzi interessanti.
Tornando alla filatelia, non si può dimenticare che se da una parte la posta tradizionale resta schiacciata dall’innovazione, una delle voci principali della posta cartacea continua a essere quella di origine commerciale (bollette, fatture, pubblicità), la quale oramai non necessita più di “materiale affrancatura”. Da qui la drammatica riduzione della vendita di valori bollati. Ma ciò, tuttavia, non basta a spiegare il fenomeno – che Poste peraltro ha solo parzialmente risolto in alcune zone del paese – dell’inaccessibilità dei francobolli da parte del pubblico. È diventato pressoché impossibile acquistare valori bollati direttamente negli uffici postali, lasciando che siano invece i tabaccai a venderli, seppur limitatamente ai tagli di maggior consumo. Detto in altre parole: se i francobolli non circolano c’è poca speranza che qualcuno – i giovani, ad esempio – se ne possa innamorare.
Insomma, nelle oltre 500 pagine del bilancio, che pure contengono informazioni fondamentali per comprendere la situazione attuale di Poste, gli investimenti effettuati e in programma, i numerosi miglioramenti tecnologici (dal postino elettronico ai nuovi centri meccanizzati) in fase di attivazione, nulla si trova sulle strategie per il futuro della filatelia. Si può immaginare che Poste continuerà a sostenere iniziative, come le campionarie di Roma e Milano, ma non si intravvede alcuna proposta concreta per il futuro. Il francobollo, e con esso la posta, sono e restano importanti fattori culturali di una società civile, e come tali vanno sostenuti attraverso una strategia chiara e una politica di sviluppo che coinvolga tutti gli attori del mondo filatelico. Ma questa è un’altra faccenda. Se ne riparlerà.