Massimo Gramellini sul collezionismo
Dal 1999 il suo Buongiorno dà il buongiorno ai lettori della Stampa. Massimo Gramellini, classe 1960, esordisce come cronista sportivo (di fede granata), poi corrispondente da Montecitorio e, dal 2005, vicedirettore del quotidiano torinese; è anche saggista e romanziere (l’anno scorso è uscito Fai bei sogni, il più letto dell’anno). Ospite fisso della trasmissione televisiva Che tempo che fa su Rai tre, Gramellini piace per il suo modo di arrivare al cuore delle cose, parlando al cuore dei lettori.
di Domitilla D’Angelo
Colleziona? Da bambino collezionavo figurine di calciatori, ricordo quella di Antonio Rattín, giocatore argentino del 1966: era rarissima.
Cosa spinge le persone a collezionare? Il bisogno di fermare la vita e tenerla sotto controllo, non lasciarla andare via.
Le qualità positive e le negative del collezionista… Il modo di amare le cose: se ami qualcosa, vuoi tenerla con te e conservarla. Oggi, complice anche la crisi economica, c’è un meccanismo diverso, non c’è più quel rapporto di possesso di un oggetto che porta a fare una collezione. Nel collezionismo c’è poi un elemento di sfida, anche un po’ nevrotico. Immagino che, al di là delle battute sulle collezioni di farfalle, il vero collezionista non collezioni per ostentare, ma per un piacere individuale.
Il collezionismo come controllo, quindi. Un bisogno che appartiene soprattutto alle generazioni che non avevano niente. Se posso fare un paragone: la generazione di mio padre era una generazione di collezionisti, di rilegatori. Mio padre comprava tutte le enciclopedie a fascicoli. Era una generazione che non aveva avuto niente e collezionare era quasi un modo per riempirsi la vita, e la casa, di oggetti, un po’ alla volta, con un obiettivo. La mia generazione, più che di collezionisti, è una generazione di classificatori, di compilatori: noi siamo quelli delle liste, degli elenchi. Passavamo ore in casa per preparare una cassetta di musica, mettendoci dentro i dieci lenti più belli, per poi regalarla alla ragazza di cui eravamo innamorati. I ragazzi di oggi mi pare abbiano un rapporto più immateriale con il godimento delle cose, più di utilizzo e meno di possesso: leggono un libro e lo passano a un altro; se io leggo un libro e mi piace, non lo darei per nulla al mondo. Penso siano tre fasi diverse del nostro secolo.
Quale è il rapporto di Gramellini con la posta, quella fatta di buste, francobolli, timbri? Fino a pochi anni fa metà della posta che ricevevo in redazione era cartacea, ora è cartacea il dieci per cento. Mi spiace deludere i lettori, ma non sono uno che ritaglia i francobolli e conserva le buste. Il collezionismo richiede metodo, ordine, precisione: sono tutti elementi che non appartengono alla mia indole.
Si dice che entro pochi anni monete e francobolli scompariranno. Se ne avrà nostalgia? Saranno sostituiti da altre cose. Se ne avrà nostalgia come abbiamo sempre nostalgia del passato, tra trent’anni ci sarà nostalgia dell’email. Ogni generazione ha nostalgia della sua giovinezza: tutto ciò che abbiamo vissuto da giovani e che allora non ci piaceva, improvvisamente, andando indietro con il ricordo, ci sembra imperdibile. La storia dell’uomo però va avanti, o indietro; comunque va, non sta ferma. Monete e francobolli sono stati una parte importante della nostra vita e resteranno nel patrimonio collettivo, come le statue dell’antica Grecia. Si formeranno però nuove collezioni, e si collezioneranno in rete, perché il futuro è digitale e sarebbe sbagliato soffrire di “torcicollo emotivo”, inchiodandosi al passato.