Modena, un piccolo ducato dalle grandi ambizioni
di Maria de Costantini
Nel cuore dell’Emilia con propaggini fino al mar Tirreno, il ducato di Modena, Reggio e Mirandola (questo il nome completo) contava circa 600mila abitanti. Nel 1815 era salito sul trono Francesco IV d’Austria-Este – il «rogantin de Modena», come lo definì il poeta Giusti il giorno dell’incoronazione –, nipote dell’ultimo duca estense Ercole III e di Maria Teresa imperatrice d’Austria. Ambiziosissimo e abile diplomatico (sposò la primogenita di Vittorio Emanuele I nella speranza di succedergli sul trono di Sardegna), fu nemico giurato del liberalismo, tanto che, fra gli stati preunitari sorti dal congresso di Vienna, Modena poteva vantare il triste primato di essere il più reazionario e il meno aperto al progresso. Nel 1820 il duca decretò la pena di morte per gli affiliati alle società segrete (che nel 1831 avrebbe colpito Ciro Menotti, reo di un tentativo insurrezionale) e l’ergastolo per chi avesse protetto o nascosto possibili cospiratori. Il 22 gennaio 1846 salì al trono il figlio Francesco V, che l’anno dopo avrebbe acquisito anche il territorio di Guastalla. A causa dei moti insurrezionali che stavano attraversando l’Italia, nel 1848 il duca dovette abbandonare, sia pure solo temporaneamente, il trono. A marzo si costituì un governo provvisorio e a maggio fu deliberata l’unione al regno di Sardegna. L’11 giugno 1859, all’indomani della sconfitta dell’esercito austriaco a Magenta, il duca dovette lasciare definitivamente i suoi territori, riparando a Mantova con 3.500 soldati, i tesori di famiglia e ottanta ergastolani. Dopo quattro secoli, il ducato si era dissolto.
I francobolli
Grazie agli accordi postali con l’Austria, che esercitava un costante protettorato sul piccolo stato (dove erano in funzione appena trentadue uffici postali), il 1° giugno 1852 il ducato di Modena emise la sua prima – e unica – serie di francobolli, composta da cinque valori: 5 centesimi verde, 10 rosa, 15 giallo, 25 camoscio e 40 azzurro. Eseguiti utilizzando matrici ricavate da un’incisione originale di Tommaso Rinaldi, gli esemplari furono stampati in nero su carta colorata. Raffiguravano un soggetto comune – l’aquila estense sormontata dalla corona ducale tra due rami d’alloro legati da un nastro – e recavano nello spazio inferiore un riquadro nel quale venivano inserite, con caratteri mobili, le diverse indicazioni di valore (in centesimi di lira italiana). Questa particolarità generò una serie di varianti nella composizione del facciale, in particolare della parola cent – lettere sostituite, mancanti, spostate o invertite –, che sono motivi di pregio collezionistico. Varianti si verificarono anche nella combinazione dei colori: per esempio, il 40 centesimi uscì prima in una tonalità celeste, prestissimo soppiantato da quella azzurra (la prima è molto rara). Ma anche, soprattutto, alcuni esemplari del 25 centesimi, stampati in verde anziché in camoscio: un tempo si pensava che si trattasse di una prova, oggi si propende a ritenere che si sia trattato di un vero e proprio errore di colore ritirato dalla vendita. I valori da 5, 10 e 40 centesimi vennero riemessi tra il 1852 e il 1855 con una variante, il punto dopo la cifra che indica il valore (assente nella prima versione). Con la stessa caratteristica, nel 1853 fu emesso anche un francobollo da una lira, l’unico con la filigrana, la lettera a (iniziale del cognome del fabbricante, Agostino Amici). Le tirature variavano da 1.812.720 esemplari per il 5 centesimi ai soli 48mila dell’1 lira.
La tassa sulle idee
Oltre agli esemplari ordinari, nel 1853 ci fu un’emissione di marche per giornali: era la cosiddetta tassa sulle idee, un’imposta a carattere fiscale più che postale che veniva applicata alle gazzette provenienti dall’estero. Si trattò dapprima di un bollo a doppio cerchio, poi di un valore con le stesse caratteristiche grafiche dei francobolli, con la sigla b.g. (‘bollo gazzette’) e l’importo, 9 centesimi. Se ne distinguono due tipi, con b.g. grande e piccolo. Nel 1855 fu preparato un valore senza b.g., ma non fu emesso. Nel 1857 la tassa venne aumentata a 10 centesimi e uscì un taglio che si differenziava da quello di pari importo per il colore (lilla grigio anziché rosa) seguito nel 1859 da un altro, con disegno cambiato, la scritta tassa gazzette, l’importo di 10 centesimi e il colore nero .
Quanto vale
I francobolli di Modena sono quotati, nuovi, da poche centinaia di euro (5 centesimi con punto) a oltre duemila (10 centesimi senza punto). Raro il 25 centesimi verde, rarissimo il 40 centesimi celeste. Le marche per giornali hanno quotazioni molto varie, da qualche centinaio di euro ad alcune migliaia. Delle diverse varietà di composizione, alcune sono relativamente comuni, altre raggiungono quotazioni elevate.