Quando esplode il buco nero
La notizia, pubblicata a novembre sulla prestigiosa rivista The Astrophysical Journal, sembra di quelle riservate a un ristretto nucleo di astrofisici. Tra la nostra galassia, la Via Lattea, e le due piccole galassie denominate Grande e Piccola Nube di Magellano (due nostre compagne all’interno del cosiddetto Ammasso Locale) c’è una lunghissima scia di gas e di polveri, che si estende per 600mila anni luce, chiamata Corrente di Magellano. È stata scoperta una quarantina d’anni fa, ma la sua origine e la sua natura sono rimaste misteriose fino a questa estate, quando il telescopio spaziale Hubble ha stabilito che si tratta di materia strappata alle Nubi di Magellano dalla forte attrazione della nostra galassia. La maggior parte della corrente si sarebbe formata circa 2 miliardi di anni fa dalle polveri perse dalla Piccola Nube, mentre una seconda regione si sarebbe originata in tempi molto più recenti dalla Grande Nube. Anche se l’origine di questa materia sembrava descritta in modo convincente rimaneva però ancora da spiegare la grande luminosità della parte interna, scoperta nel 1996 e non ancora chiarita. Gli scienziati si chiedevano cosa producesse quel bagliore, visto che la Corrente di Magellano non contiene stelle che possano illuminare in quel modo il suo gas. Qualche mese fa, il team di astronomi guidato da Joss Bland-Hawthorn dell’Università di Sydney, ha trovato delle prove che dimostrerebbero che sarebbe stato Sagittarius A*, il buco nero situato al centro della nostra galassia, a illuminare la nube gassosa. Secondo l’astrofisico Bland-Hawthorn, circa 2 milioni di anni fa – un nulla rispetto all’età della Via Lattea, del Sole o anche della nostra Terra, che conta quasi cinque miliardi di anni – il buco nero avrebbe avuto una “eruzione” così potente da investire la lontanissima Corrente di Magellano (che si trova a ben 200mila anni luce di distanza). Un po’, se vogliamo, come fa il Sole, quando è “in tempesta” ed emette particelle che giungono sulla Terra producendo le aurore boreali. «Per 20 anni gli astronomi hanno sospettato che in passato si fosse verificata un’esplosione simile. Adesso sappiamo anche quando questo drago dormiente, che oggi ha una massa quattro milioni di volte quella del Sole, si è svegliato e ha sputato fuoco con una potenza 100 milioni di volte superiore a quella che ha oggi», spiega Bland-Hawthorn. Cosa produce queste esplosioni? Si formano quando nubi di gas cadono sul disco caldo di materia che ruota intorno al buco nero. Un’esplosione colossale di questa portata potrà accadere di nuovo? «Assolutamente sì – garantisce Bland-Hawthorn – ci sono un sacco di stelle e nubi di gas che potrebbero cadere sul disco caldo che circonda Sagittarius A*. Tra queste, la nube denominata G2 secondo gli astronomi cadrà sul buco nero all’inizio del prossimo anno: è piccola, ma assisteremo a fuochi d’artificio!». Per fortuna a 27mila anni luce di distanza…