I francobolli del Granducato di Toscana
di Mario de Costantini |
Il 27 agosto 1569, al termine di 75 anni di capovolgimenti politici, Cosimo de’ Medici ottiene il titolo di granduca di Toscana. Il granducato, nato in quel momento, sarebbe durato ininterrottamente fino al 1801. I primi a reggerne le sorti sono esponenti della potente casata dei Medici, che governano sino al 1737. Alla morte di Gian Gastone, la famiglia, priva di eredi legittimi, è cede il potere a Francesco Stefano duca di Lorena – sposo dell’imperatrice Maria Teresa – in base ad accordi stipulati fra le dinastie europee nel 1735. Sotto i lorenesi, e in particolare con Pietro Leopoldo (1765-1790), il territorio conosce una fase di grande sviluppo, in cui una solida politica agraria si accompagna a illuminate riforme del commercio, dell’amministrazione pubblica e della giustizia: il granducato è il primo stato al mondo ad abolire la pena di morte.
Nulla poté però contro l’avanzare di Napoleone e delle sue armate. Il 9 febbraio 1801, con il trattato di Lunéville, la Toscana fu ceduta alla Francia, che la eresse a Regno d’Etruria, inglobando anche lo Stato dei Presìdi che comprendeva Orbetello, Talamone e una parte dell’isola d’Elba. Divenne re Ludovico di Borbone, che morì nel 1803 e a cui successe Carlo Ludovico; nell’ottobre 1807 Napoleone cancellò anche il regno, inglobandolo direttamente nell’impero francese.
Con la caduta della stella napoleonica, il Congresso di Vienna nel maggio 1814 restaurò il Granducato di Toscana; il territorio comprendeva l’odierna regione salvo i territori di Massa e di Lucca (eretti in stati autonomi). Alla morte di Maria Luigia d’Austria nel 1847, secondo gli accordi viennesi, la Toscana acquisì anche Lucca. Il primo granduca della Restaurazione fu Ferdinando III di Lorena, cui nel 1824 succedette il figlio Leopoldo II.
L’azione di governo, pur di tipo assolutistico, era improntata alla moderazione; Leopoldo, di carattere mite e di comportamento informale, entrò presto nelle simpatie di molti sudditi, che lo chiamavano “broncio” per il labbro inferiore sporgente che gli dava un’aria sempre triste, o “canapone” per il colore sbiadito dei suoi capelli biondi. La sua politica, per quanto possibile all’epoca, era liberale e popolare; ridusse alcune tasse, protesse la scienza, varò una serie di opere pubbliche, costruì strade, nel maggio 1847 concesse la libertà di stampa e nel febbraio 1848 la costituzione, seguendo l’esempio del Piemonte.
Nel frattempo era scoppiata la Prima guerra d’indipendenza, e Leopoldo decise d’inviare truppe toscane regolari e volontarie a fianco del Piemonte a combattere contro l’Austria; la partecipazione dei regolari e dei volontari divenne epica con il sanguinoso scontro di Curtatone e Montanara. Quando le sorti della guerra furono definitivamente compromesse, a gennaio 1849 il granduca abbandonò Firenze per rifugiarsi a Gaeta, nel Regno delle Due Sicilie, per rientrare a Firenze scortato da truppe austriache, alienandosi così le simpatie popolari e istituendo un regime più rigido e meno liberale. All’approssimarsi della Seconda guerra d’indipendenza, Leopoldo abbandonò il trono il 27 aprile 1859, ancora prima dello scoppio ufficiale delle ostilità, e la Toscana fu retta da un governo provvisorio filosabaudo fino all’entrata nel Regno d’Italia.
I primi francobolli
In questo clima plumbeo, in forza degli accordi con l’Austria le poste granducali accolsero la riforma postale già in vigore nell’impero asburgico e introdussero i francobolli. La complessa situazione monetaria dello stato ebbe influssi anche sull’emissione: la moneta era la lira toscana (equivalente a 0,84 lire italiane) che era divisa in 12 crazie (equivalenti a 7 centesimi italiani) oppure 20 soldi (4,2 centesimi); un soldo equivaleva quindi al 60 per cento di una crazia e, a sua volta, era diviso in 3 quattrini (1,4 centesimi).
La prima serie fu emessa il 1° aprile 1851. Il soggetto era unico per tutti i valori e non riportava – come allora d’uso – l’effigie del regnante né il suo stemma, ma l’antico simbolo araldico mediceo, ovvero il Marzocco. Originariamente il leone araldico che poggia la zampa sullo scudo gigliato – poi adottato dai Medici – rappresentava il potere popolare nella Firenze repubblicana; il nome, di origine incerta, sembra possa derivare dal diminutivo di Martius, termine latino che si riferisce al dio Marte. Nella vignetta dei francobolli attorno all’animale girava la legenda Francobollo postale toscano.
I primi tagli emessi furono 1 soldo (bistro), 2 soldi (scarlatto), 2 crazie (azzurro), 4 crazie (verde scuro), 6 crazie (ardesia) . Tra luglio 1851 e novembre 1852 l’emissione si arricchì dell’1 quattrino nero, 1 crazia carminio, 9 crazie viola, 60 crazie rosso; nello stesso periodo, il 31 ottobre 1852, il 2 soldi fu messo fuori corso. L’alto valore da 60 crazie, corrispondente a 4,20 lire italiane e necessario per l’alto traffico internazionale del ceto commerciale toscano, era uno dei tagli più alti fra i francobolli degli antichi stati italiani e per questo motivo le lettere affrancate con questo francobollo sono delle rarità.
I francobolli erano stampati a colore su carta colorata (prima in azzurro, poi in grigio azzurro, poi in grigio) in fogli con tre gruppi di 80 valori; la carta era filigranata con 12 grandi corone granducali separate da cinque linee orizzontali e una verticale, che faceva sì che quasi tutti i valori riportino una porzione di corona o di linee.
La seconda emissione
Nel 1857 la carta colorata usata fino a quel momento fu sostituita da una bianca e con l’occasione fu cambiato anche il disegno della filigrana; l’iconografia della nuova serie rimase invece inalterata. La nuova emissione comprendeva i valori da 1 quattrino (nero), 1 soldo (ocra), 1 crazia (carminio), 2 crazie (azzurro), 4 crazie (verde), 6 crazie (azzurro). Il 9 crazie bruno entrò invece in circolazione due anni dopo.
La prima data nota è l’8 luglio 1859, quando il granduca si era già allontanato: si tratta solo di una contingenza temporale, è un francobollo a pieno titolo granducale. La filigrana è un tappeto di losanghe verticali e una scritta in diagonale lungo l’intero foglio II.RR. Poste Toscane. La sigla II.RR. (‘Imperial Regie’) si riferisce alla casa di Lorena, che sedeva sul trono dell’impero d’Austria e aveva diritto alla denominazione.
Un’emissione affollata
La particolarità dei francobolli toscani è che la distanza fra l’uno e l’altro, contrariamente all’uso nella maggior parte degli stati, era molto ridotta, un millimetro al massimo, spesso meno. La separazione con le forbici non era molto accurata, e per questa ragione è molto difficile trovare esemplari con buoni margini; per lo stesso motivo, spesso i francobolli ben marginati contengono porzioni dei francobolli vicini.
Le marche per giornali
Anche la Toscana imponeva tasse sui giornali, che dal 1° ottobre 1854 non venivano assolte con apposite marche, ma con un bollo da 2 soldi impresso a mano su un foglietto di carta gommata giallastra. Tradizionalmente, la collezione di Toscana comprende anche l’impronta di questo bollo, che non venne usato per molto tempo.
Quanto vale
La prima emissione è quotata, di qualità 100% e linguellata, circa 400 mila euro; se in qualità media (pari al 20%) 80mila. Pezzo forte della serie è il 60 crazie, quotato da solo fra 125 e 250 mila euro.
La seconda emissione, di qualità 100% e linguellata, è invece stimata 240 mila euro; 60 mila se di qualità media (25%). Raro il 2 soldi su busta, di cui sono note una sessantina di documenti.
Ho scoperto nella mia piccola collezione una medaglia in metallo che raffigura il francobollo 60 crazie e sul retro la dicitura Granducato di Toscana novembre 1852; non riesco a comprendere cosa sia. Se qualcuno mi può aiutare gli ne sarei infinitamente garto. Grazie