L’altra guerra di Crimea, 160 anni fa
di Bruno Crevato-Selvaggi |
Venti di guerra in Crimea. La strategica penisola nel nord del mar Nero, abitata da russi – che formano una risicata maggioranza – ucraini e tatari (oltre a una storica comunità italiana, oggi ridotta a poche centinaia di persone), è politicamente ucraina dal 1954 dopo esser stata russa, e prima ancora turca. Quando, nel 1991, l’Ucraina si separò dall’Unione Sovietica e divenne nazione indipendente, la Crimea godette di uno status di autonomia. Accordi successivi fra Kiev e Mosca permisero lo stazionamento di una flotta militare russa nella base della baia di Sebastopoli, il cui porto è oggi diviso a metà fra le marine russa e ucraina. È di notevole importanza strategica per la sua ampiezza e conformazione (d’inverno rimane libero dai ghiacci). Per mantenere la propria presenza nella base, e per la tutela della comunità russa locale, durante la recente crisi in Ucraina Mosca ha attuato una politica di potenza, inviando truppe e aumentando la tensione.
La possibilità di una guerra in Crimea non è comunque remota. Se avvenisse, non sarebbe la prima volta, in tempi recenti. La guerra in Crimea era già scoppiata 160 anni fa: l’ultima guerra antica in Europa, la prima moderna. L’ultima antica perché i contendenti vestivano ancora con le uniformi sgargianti e avanzavano in file regolari e compatte sparando all’unisono; la prima moderna perché le armi erano tecnologicamente più avanzate (i fucili a canna rigata permettevano maggior distanza e precisione di tiro, i proiettili d’artiglieria erano esplosivi anziché pieni). E ancora, per la prima volta, le truppe erano seguite da giornalisti e fotografi; per la prima volta, infine, vennero utilizzati in modo massiccio le novità tecnologiche dell’epoca, cioè le navi a vapore, il telegrafo e le ferrovie.
La posta
Le truppe in Crimea avevano bisogno della posta per comunicare con le famiglie a casa, perciò a Balaclava, dove era stanziato il corpo, fu istituito un ufficio di posta militare sarda. Le navi con i servizi d’intendenza, che trasportavano il materiale dell’ufficio di posta militare, giunsero il 16 maggio, e l’ufficio divenne presto operativo: la prima data nota, rinvenuta recentemente, è il 18 maggio; prima si conosceva il 21 maggio.
L’ufficio ebbe in dotazione i bolli tipici della posta militare sarda fino dal 1849, con la scritta R. posta mil.e sarda e una rosetta in basso. Le lettere che partivano da questo ufficio venivano affrancate con i normali francobolli sardi della quarta emissione, da poco in circolazione, e meno frequentemente con quelli della terza (non conosciuti a Costantinopoli), ma potevano anche essere inviate con pagamento a carico del destinatario. L’ufficio di Balaclava chiuse nel maggio 1856.
Poco dopo – non si sa la data esatta, ma fu entro luglio – per le necessità del servizio fu istituito un altro ufficio di posta militare sardo, questa volta a Costantinopoli. Lì infatti, nel villaggio di Jeni-Koi, si trovavano l’ospedale e il deposito militare, e vi facevano scalo le navi addette al trasporto di posta. Per distinguerlo dal precedente, l’ufficio venne fornito del bollo R. posta mil.e sarda n. 3. Operò Fino al giugno 1856. Poi gli eserciti smobilitarono e rientrarono nelle rispettive patrie; i bersaglieri rimasero pronti per le campagne che, grazie anche alla partecipazione sarda in Crimea, di lì a poco avrebbero portato all’unità.
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