BAMBINI! Maneggiare con cura
di Simone Bertelegni
Se chi legge questo articolo è un portalettere o uno spedizioniere, di oggetti bizzarri spediti via posta ne avrà viste di tutti i colori. Esseri umani, però, mai si presume. Eppure, nella storia delle poste è capitato anche questo, seppur non in Italia.
Il 1º gennaio 1913 negli Stati Uniti prendeva il via il nuovo servizio di spedizione di pacchi postali attraverso lo Us Postal Service. La normativa riguardante i pacchi era piuttosto lasca rispetto al giorno d’oggi e, di fatto, non esistevamo regolamenti particolarmente restrittivi su formato, involucri e via dicendo. L’importante era che il contenuto del pacco non superasse le 50 libbre, grosso modo 25 chili. E quante cose hanno un peso inferiore! I bambini piccoli, per esempio. Già il 17 gennaio di quell’anno il Times Dispatch di Richmond, in Virginia, pubblicava la lettera spedita da una cittadina dello stato al direttore generale delle poste statunitensi Frank H. Hitchcock in cui si chiedevano istruzioni sull’involucro da applicare a un bambino da spedire via posta. Nonostante Hitchcock avesse risposto che le uniche creature vive inviabili via posta fossero gli insetti (api, per esempio), secondo gli archivi della Smithsonian Institution sono stati spediti via treno, con tanto di regolare affrancatura, almeno due bambini, tra cui è documentato il caso di May Pierstorff, quattro anni per 21 chili, spedita dai genitori ai nonni – da Granville a Lewiston, Idaho (circa 70 miglia) – con un’affrancatura di 53 centesimi di dollaro. Non sarebbe l’unico caso. Se lo Smithsonian, come detto, ne registra due, altre fonti arrivano alla decina di casi, con tariffe diverse a seconda della distanza (anche solo 10 centesimi). Comunque meno del biglietto del treno, evidentemente. Il primo caso sarebbe stato, già a gennaio 1913, quello di un bimbo di cognome Beauge inviato dalla nonna a un miglio di distanza, con tanto di assicurazione per un valore di 50 dollari (oggi circa 1.200 euro). Occorre segnalare che tutti i “bambini-pacco” censiti viaggiavano, oltreché muniti di apposita affrancatura, sempre sotto vigilanza di un adulto: un ufficiale postale o ferroviario. A inizio 1914 il nuovo direttore generale delle poste Albert S. Burleson dovette comunicare esplicitamente a tutti gli uffici postali il divieto alla spedizione di esseri umani, anche se si registrano violazioni a quest’ordine fino al 1915: Maud Smith, tre anni, dal Kentucky, sarebbe stata l’ultima della serie. Attualmente, negli Stati Uniti, si possono spedire via posta animali vivi – non bambini – solo se di dimensioni inferiori ai venti pollici (circa cinquanta centimetri) e rispettando alcune caratteristiche di sicurezza nell’imballaggio. Resta comunque celeberrimo un altro caso americano di spedizione umana via posta. Come raccontato da lui stesso nell’autobiografia Narrative of the Life of Henry “Box” Brown, il 23 marzo 1849 lo schiavo nero Henry Brown, grazie alla complicità di alcuni abolizionisti, riuscì a farsi spedire in uno stato non schiavista, la Pennsylvania, nascosto in uno scatolone di legno. Entrò in contatto con un ciabattino e giocatore d’azzardo, Samuel Smith, che, per soldi, si incaricò di organizzare la spedizione. Il giorno concordato, Brown evitò di andare a lavorare autoprocurandosi un infortunio alle mani, incontrò Smith e si fece “imballare”. Fu recapitato nella sede di Philadelphia della Pennsylvania anti-slavery society dopo 27 ore di viaggio su carrozza, treno, battello. Nonostante l’imballo recasse le scritte «maneggiare con cura» e «alto», venne trattato bruscamente e ribaltato più volte. La trovata di Brown ebbe comunque buon esito e l’ex schiavo divenne un attivista e portavoce delle associazioni antischiaviste.