Uno stop... alla pubblica amministrazione

Uno stop… alla pubblica amministrazione

Dopo l’ultima, illogica, notifica di una collezione di francobolli, una circolare ministeriale mette definitivamente un freno alle azioni arbitrarie delle soprintendenze.

Di Giulio Filippo Bolaffi

Nella società contemporanea, il confine tra la sfera pubblica e quella privata è diventato sempre più labile. Una delle questioni più dibattute riguarda l’ingerenza della pubblica amministrazione nella vita dei singoli. Mentre alcuni sostengono che tale intervento sia fondamentale per garantire il benessere collettivo e la giustizia sociale, altri lo ritengono un’eccessiva invasione di campo nella sfera individuale e un limite alla libertà personale.

Questi controversi dibattiti poco si addicono al collezionismo e alla filatelia, ma purtroppo, anche nel nostro settore, lo scorso marzo si è assistito alla longa manus della cosa pubblica, nello specifico del ministero della Cultura che, per iniziativa di una sua soprintendente, ha tentato di impedire il libero scambio di francobolli storicamente trattati da collezionisti e mercanti, notificando una collezione. Dopo non poca confusione, nel 2019 una prima circolare ministeriale, la cosiddetta Circolare Famiglietti (dal nome dell’ex direttore generale per l’Archeologia, poi per gli Archivi e infine per l’Archeologia, le belle arti e il paesaggio dell’allora ministero per i Beni e le attività culturali), aveva tentato di fare chiarezza, dal punto di vista del diritto amministrativo, su cosa potesse essere considerato bene di proprietà dello Stato (il cosiddetto bene demaniale) in particolare spiegando che i francobolli non erano questionabili.

Ma in Italia, si sa, le acque non sono mai calme e la legge non vale per tutti… Infatti pochi mesi fa, c’è stato un golpe: una arguta soprintendente, già nota alle cronache per altre iniziative “senza precedenti”, ha comunicato l’avvio del procedimento di dichiarazione di interesse culturale sui pezzi di una bella collezione di Fiume, composta da un ignaro collezionista con la passione certosina tipica dei filatelisti e poi messa in vendita da una nota casa d’aste. Quindi pezzi singoli sono stati “notificati”, cioè dichiarati di importanza nazionale, e – ancora peggio – è stato indicato che la collezione andava mantenuta in modo unitario, con la conseguenza che non avrebbe mai più potuto essere smembrata, con buona pace di chi sperava di inserirne anche solo un frammento all’interno della propria raccolta. Una decisione che va contro il buon senso. Infatti, se si seguisse questa diabolica logica, ogni importante collezione di francobolli sarebbe da conservare in modo unitario, con buona pace della Circolare Famiglietti.

Ma per fortuna ogni tanto c’è un po’ di giustizia, o di divina provvidenza filatelica. Nello specifico caso, grazie alle principali associazioni filateliche nazionali e al loro “paladino politico”, il senatore Carlo Giovanardi, è intervenuta tempestivamente la Direzione generale archivistica del ministero della Cultura. Il direttore, Antonio Tarasco, nel tempo record di sole 48 ore ha emesso una stringata, ma chiarissima, circolare, che sovverte completamente il provvedimento della “scellerata” burocrate. E soprattutto una volta per tutte fa chiarezza su cosa il ministero non può andare a toccare negli album dei filatelisti.

Le leggi spesso non piacciono, ma bisogna farsele andare bene lo stesso. Tuttavia, la cosa peggiore è quando una legge è vaga e lascia il cittadino in balia dell’interpretazione dei singoli detentori del potere pubblico, come spesso accade nel nostro lavoro a opera dei soprintendenti. Oggi Tarasco ha invece dimostrato che le cose chiare, alla fine, sono anche quelle giuste. Grazie alla sua circolare, in futuro non potranno più verificarsi altri tentati golpe alla filatelia. Una volta tanto una storia a lieto fine a cui, spero, non seguiranno altri capitoli.

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