C'è il francobollo non l'indipendenza

C’è il francobollo non l’indipendenza

di Claudio Baccarin

Cosa resterà degli anni Ottanta? Di sicuro, negli album dei collezionisti, il francobollo da duemila lire (espresso e molto “raccomandato”) che il 31 maggio 1986 celebrò, in cinque milioni di esemplari, la Giornata dei martiri e dei caduti per l’indipendenza nazionale. Ma si trattò, in realtà, di un’emissione-spot, giacché la “Giornata”, proclamata dall’onorevole Bettino Craxi, all’epoca presidente del Consiglio dei ministri, non ebbe mai svolgimento. Eppure, il bollettino illustrativo, firmato dallo stesso leader del Partito socialista italiano, insediatosi tre anni prima a Palazzo Chigi alla testa del pentapartito Psi-Dc-Psi-Pri-Pli, sembra testimoniare un evento già codificato: per di più corroborato dal francobollo celebrativo.

«La Giornata dei martiri e dei caduti per l’indipendenza nazionale – si legge a firma di Craxi nel cartoncino diffuso all’antivigilia del quarantesimo anniversario della Festa della Repubblica (varata, questa sì, con legge, la 260/1949) –è stata istituita per accomunare in una stessa memoria e in una stessa celebrazione tutti coloro che hanno offerto la loro vita per la nostra unità e la nostra indipendenza». Nella trasposizione grafica di Emidio Vangelli De Cresci «una figura simbolica bagna con il proprio sangue il rosso della bandiera italiana». Un afflato risorgimentale che trova riscontro nel messaggio alle Forze Armate pronunciato il 2 giugno 1986, al Quirinale, da Francesco Cossiga.

Ma in realtà cosa accadde? Il 20 marzo 1986 venne formalizzato alla Camera il disegno di legge 3604, Nuove norme in materia di ricorrenze festive. Di alto lignaggio i nomi dei presentatori: il presidente del Consiglio (Bettino Craxi), di concerto con il ministro del Tesoro (Giovanni Goria, Dc), con il ministro della Difesa (Giovanni Spadolini, Pri) e con il ministro di Grazia e giustizia, Mino Martinazzoli (Dc). Insomma, un accordo blindato, che il premier considerò fatto ancor prima della conclusione dell’iter legislativo. «L’idea fondamentale – recita la relazione che precede il testo di legge – consiste nell’accomunare in un’unica celebrazione (quella del 2 giugno, festa della Repubblica) tutti i martiri e i caduti per l’indipendenza nazionale, dai primi moti pre-risorgimentali fino alla liberazione».

Ma anche il decisionismo craxiano doveva fare i conti con le liturgie parlamentari. Sicché solo il 12 novembre 1986 (nel frattempo il leader del Garofano aveva siglato il “patto della staffetta”, che prevedeva, a marzo 1987, il ritorno di Palazzo Chigi a un esponente democristiano), la commissione Lavoro della Camera poteva approvare un testo sulle ricorrenze festive, che all’articolo 1 sanciva: «Il giorno 2 giugno, giornata dei martiri dell’indipendenza nazionale e festa della Repubblica, è dichiarato festa nazionale». All’articolo 2 si puntualizzava che «la celebrazione della festa del 2 giugno ha luogo nella prima domenica di giugno ed è dedicata nelle città e nei comuni d’Italia alla celebrazione della fondazione della Repubblica e alla commemorazione dei martiri e dei caduti che, dai primi moti indipendentistici pre-risorgimentali al compimento dell’unità nazionale e alla lotta di liberazione, hanno concorso in modo decisivo alla formazione della coscienza nazionale ed unitaria dello Stato italiano». Tutto deciso, allora? Ma nemmeno per sogno.

Il 17 aprile 1987 Craxi passava il testimone al democristiano Amintore Fanfani, al timone di un governo “balneare”. Dopo le elezioni del 14 giugno, il presidente della Repubblica affidò l’incarico a Giovanni Goria. Nel frattempo (2 luglio 1987) una pattuglia di deputati presentò alla Camera, «nella prospettiva di una sua rapida considerazione e approvazione», la proposta di legge Nuove disposizioni in materia di ricorrenze festive. Come nel più classico gioco dell’oca, all’articolo 1 si prevedeva: «Il giorno 2 giugno, giornata dei martiri dell’indipendenza nazionale e festa della Repubblica (già celebrata dal francobollo craxiano del 31 maggio 1986, ndr) è dichiarata festa nazionale». Fu necessario attendere la legge 336 del 20 novembre 2000 (governo Amato) perché il Parlamento, su impulso del presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, facesse giustizia della norma taglia-festività del 1977: «A decorrere dal 2001 la celebrazione della Festa nazionale della Repubblica ha nuovamente luogo il 2 giugno di ciascun anno, che pertanto viene ripristinato come giorno festivo”. Ma d’indipendenza nazionale non v’è traccia.

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