di Simone Bertelegni |

Barack Obama e Vladimir Putin si sono sfidati nella più tesa fra le recenti crisi internazionali, quella siriana, e il Nobel per la pace ha sofferto i colpi dell’autocrate russo in odore di dittatura. Obama incarna la speranza, in senso lato; Putin la voglia della Russia di tornare grande potenza. I media descrivono il primo come solare, comunicativo, legato alla famiglia, e il secondo come schivo, dispotico, spietato, fedifrago. La filatelia sembra dare ragione ai luoghi comuni che circolano su Obama, raffigurato sempre sorridente, magari in compagnia di moglie e figlie, in emissioni non a caso africane e caraibiche, ossia del cuore nero del mondo cui il primo presidente afroamericano ha infuso grandi aspettative. Anche Putin, tutto sommato, se la (sor)ride sui dentelli; il suo carattere cupo però gli ha portato poche comparsate (nessune di casa se non due emissioni indirette che ricordano le sue nomine a presidente della Russia nel 2000 e presidente della Federazione russa nel 2012, ma nessuna con ritratti), quasi tutte su francobolli di realtà non proprio democratiche, come Corea del Nord e Azerbaigian.

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