collezionare fa bene anche ai bambini

I bambini e l’arte di collezionare: intervista a Laura Rosso

L’amore per il collezionismo nei bambini è positivo?

Nel bambino questa tendenza emerge spontaneamente: non è insolito trovare un ragazzino di 6 anni mentre conserva accuratamente le foglie degli alberi, le conchiglie, i giocattoli e le figurine. Tale attività in età evolutiva è positiva perché aiuta a sviluppare alcune competenze, come la conoscenza degli oggetti, la capacità di classificarli, di fare comparazioni, analogie e differenze. Porta il bambino a confrontarsi con i coetanei, con i quali fare scambi, avendo così la possibilità di creare importanti relazioni sociali.

L’arte del raccogliere rivela e aiuta la capacità di concentrazione e ha risvolti positivi sull’autostima, la gestione dello stress e nella ricerca di sé. Concentrare la mente su uno o più oggetti fa variare l’attività elettrica del cervello e ciò porta a un senso di calma e benessere. Il ritrovamento di un pezzo raro fa sentire bravi, capaci di farcela. Collezionare equivale a possedere e il possesso trasmette sicurezza: il bambino vuole tutto, all’interno di un processo di apprendimento che confonde la sconoscenza con la proprietà.

Dai 6 ai 10 anni il desiderio di raccogliere risponde al bisogno di ordinare il mondo in categorie. Si parte da una tendenza a una raccolta indifferenziata, che prende spunto da aspetti qualitativi degli oggetti desiderati che sollecitano la sua curiosità: qui il bambino tende all’accumulo, procedendo solo in una seconda fase alla diversificazione degli oggetti e alla loro selezione in una determinata classe. Le scelte collezionistiche si affinano sotto l’influenza dei media e della famiglia stessa, soggetta anch’essa a tale influenza: i genitori, per esempio, suggeriscono per primi al figlio l’acquisto a fini educativi di un determinato album, o regalano il primo esemplare della collezione. Il bambino, ormai ragazzo, viene avviato ad acquisire tecniche e sistemi di conservazione, se non di esposizione. Inizia, attraverso i meccanismi di acquisto e di scambio, o di calcolo del patrimonio posseduto, l’educazione al calcolo dei valori. Il suo inserimento in gruppi di motivazioni omogenee è fondamentale per l’educazione all’utilizzo di strumenti anche sofisticati di ricerca: cataloghi, biblioteche, internet, archivi.

i bambini e l'arte di collezionare

Foto di Stefania Fontecilla

Può essere dannoso?

Collezionare è una passione benefica e personale, l’importante è non esagerare, altrimenti si rischia di sconfinare nell’ossessione, in cui il pensiero della propria ossessione è totalmente assorbente, arrivando a compromettere la vita sociale e famigliare, indebolendo i legami e portando la persona a isolarsi nel suo mondo. Il collezionismo si tramuta in un continuo e gravoso investimento di energie psichiche e di risorse economiche. In questo caso si tratta di un vero disturbo e va curato. Per prima cosa occorre darsi dei limiti, stabilendo un budget o un numero massimo di oggetti da tenere. Se però non si riesce a frenare questo impulso, l’aiuto può arrivare anche da qualche seduta di terapia, che aiuti a sostituire il bisogno degli oggetti desiderati con nuovi interessi e un nuovo modo di gestire il tempo libero.

È importante inoltre tenere a mente il ruolo del condizionamento proveniente dai media, che conoscono bene le tendenze dei piccoli e utilizzano tale sapere al fine di incrementare le vendite. Occorre, quindi, vagliare le proposte al fine di evitare di “subire” le varie forme di condizionamento e scegliere attivamente, in base ai valori della famiglia e agli interessi del minore, che partendo da una collezione può, in futuro, orientare le sue scelte scolastiche e professionali proprio in quella direzione piuttosto che in un’altra. Così, per esempio, il naturalista spesso inizia con forme di collezionismo giovanile legate al mondo della natura.

E se anche i genitori hanno questa passione?

Possiamo affermare di essere un po’ tutti dei collezionisti. Abbiamo bisogno di conservare gli oggetti di famiglia, così da sentirci connessi al passato famigliare e delineare così la nostra identità. Abbiamo poi bisogno di portarci via ricordi dai luoghi nei quali siamo stati, cose il cui valore sta proprio nel testimoniare il nostro transito in un determinato luogo. Ciò che sta dietro a questo comportamento è anche il bisogno di stupire attraverso l’esibizione, di rappresentarsi attraverso le cose. È vero, però, che alcune persone divengono dei “collezionisti” e altri no, ed è qui che le caratteristiche psicologiche intime della persona fanno la differenza. Il collezionista possiede una preziosa qualità: quella di meravigliarsi del mondo e dei suoi oggetti, di intuirne la potenza evocativa, di entusiasmarsi della loro scoperta. La preservazione e catalogazione ha la qualità di andare contro alla dispersione, alla confusione e alla frammentarietà in cui versano le cose di questo mondo. Ecco perché si ritiene il collezionismo salutare e perfino terapeutico contro lo stress, a patto che non diventi una passione incontrollabile.


Laura Rosso
è psicologa e psicoterapeuta a Torino

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