Marcella Pralormo, collezionismo al femminile
di Domitilla D’Angelo |
«Ricordo ancora l’emozione del giorno in cui l’avvocato Agnelli mi ha chiamato nel suo ufficio per un colloquio. Stavano cercando un direttore per la nascente Pinacoteca. Mi ha fatto tantissime domande, ho sofferto un po’, ma alla fine hanno chiamato proprio me». Da quel giorno sono trascorsi più di dieci anni e Marcella Pralormo, che dirige l’istituzione ora presieduta da Ginevra Elkann, di successi ne ha raccolti non pochi: uno per tutti, i 600mila visitatori della Pinacoteca. Dall’esperienza a Palazzo Grassi a Venezia fino alla Pinacoteca Agnelli a Torino, una vita professionale, la sua, declinata su un unico sostantivo: collezionismo.
La Pinacoteca Agnelli ospita la collezione di Giovanni e Marella Agnelli. Come la presenterebbe a chi non la conosce? 25 capolavori da Canaletto a Matisse, esposti nello “Scrigno” di Renzo Piano, una struttura di acciaio e cristallo che sembra volare sul tetto del Lingotto, la ex fabbrica di Fiat. Un museo dedicato al tema del collezionismo: uno spazio per mostre di collezioni private internazionali, una sala per attività educative per grandi e piccini, una biblioteca a scaffale aperto dedicata al collezionismo.
Dal 2010 presso la Pinacoteca Agnelli si tengono le Conversazioni sul collezionismo, incontri-intervista con importanti collezionisti d’arte ma non solo. Ascoltando le loro esperienze si coglie un fil rouge che le accomuni? Collezionare è un istinto che ognuno di noi ha, ma ci sono persone che sanno trasformare questo istinto in una energia straordinaria. Oltre che desiderio di possesso, collezionare significa voler conoscere. Ogni pezzo che si aggiunge alla collezione è la tessera mancante di un puzzle personale mai completo, che ogni volta assume forme e significati diversi.
Marcella Pralormo colleziona? Non sono una collezionista, ma mi piace acquistare ogni tanto opere di artisti emergenti. Ho appena comprato ad Artefiera una piccola opera molto poetica di un’artista che si chiama Laura Bisotti. La guardo e mi dà un senso di pace.
Otium intellettuale di élite illuminate, esibizione di uno status finanziario, investimento alternativo. Come è cambiato nel tempo l’approccio al collezionismo? Più che di cambiamento penso si debba parlare di diversi tipi di collezionisti. Il famoso falsario Eric Hebborn diceva che i collezionisti possono essere paragonati agli animali. C’è la tipologia “scoiattolo” che accumula e accumula senza fermarsi; il “topo”, un po’ timoroso, che studia ogni pezzo e poi decide di acquisirlo, e la “gazza ladra”, colui che compra per esibire.
Collezionisti si nasce o si diventa? Credo che in parte il collezionismo sia congenito. Ma collezionando si diventa collezionisti più raffinati, più esigenti, e magari si cambia anche gusto. Penso ad esempio alla nota collezionista americana Barbara Jakobson, che di punto in bianco vendette tutta la collezione di Mollino e di dipinti per dedicarsi alla sua collezione di frullini e bicchieri da cocktail, con questa motivazione: “I always wanted to have a bar”.
La collezione più originale che le sia capitato di conoscere? La collezione privata di paperoles, oggetti di carta arrotolata e dorata, realizzati dalle suore di clausura di tutta Europa per decorare le reliquie da regalare ai benefattori dei conventi. Una collezione incredibile, che lascia a bocca aperta per la quantità di pezzi, il senso di horror vacui che comunica, e per la maestria di chi aveva realizzato questi oggetti con materiali poverissimi.
Che cosa non dovrebbe mai mancare nella biblioteca di un collezionista? Ogni collezionista ha i suoi libri di riferimento, libri che riguardano la collezione stessa e che ne approfondiscono i diversi aspetti. Però direi che ogni collezionista dovrebbe possedere una copia di Utz, il bellissimo romanzo di Bruce Chatwin che racconta la storia di un collezionista ossessivo di porcellane.
Nelle mostre temporanee allestite nella Pinacoteca Agnelli l’arte ha mai sposato la posta? Non abbiamo ancora ospitato mostre di francobolli, sarebbe una bella idea per il futuro. Ma Alberto Bolaffi è stato nostro ospite per una delle Conversazioni con i collezionisti. Abbiamo però esposto una serie di cartoline che gli artisti inglesi Gilbert & Goerge hanno raccolto fin da quando erano ragazzini alla scuola d’arte.
In cosa si differenzia (se si differenzia in qualcosa) il collezionismo femminile da quello maschile? Alberto Bolaffi quando è venuto qui ha affermato in maniera provocatoria che le donne non sono collezioniste, perché gli istinti legati al collezionismo – il possesso e la sopraffazione – sono soprattutto maschili, e perché per collezionare ci vuole ordine mentale e strategia. Forse ha ragione, ma sia nel passato che al giorno d’oggi ci sono molte donne collezioniste importanti.
Tre donne collezioniste indimenticabili… Isabella d’Este e Peggy Guggenheim per il passato e oggi direi Isabella Seragnoli che al Mast a Bologna sta creando la più grande collezione di storia della fotografia industriale. Un progetto che denota senso imprenditoriale e strategia. D’altra parte Isabella Seragnoli è a capo del gruppo Coesa, è un’imprenditrice.