Un’alternativa a Poste italiane?
di Giovanni Zucca
All’introduzione nell’ordinamento italiano della terza direttiva comunitaria, il Governo decise di confermare a Poste italiane il servizio universale per quindici anni, sia pure con controlli fissati a ogni lustro. Lo prevede il decreto legislativo 58 del 31 marzo 2011, Attuazione della direttiva 2008/6/Ce che modifica la direttiva 97/67/Ce, per quanto riguarda il pieno completamento del mercato interno dei servizi postali della Comunità. Entrò in vigore il 30 aprile successivo, con quattro mesi di ritardo sulla data ultima indicata da Bruxelles. Ma tant’è.
Quello che importa è che la società, allora guidata da Massimo Sarmi, tirò un sospiro di sollievo, e forse lo fece anche l’Esecutivo: nonostante le previsioni Ue, per tutto un lasso di tempo non sarebbe cambiato nulla, almeno a livello organizzativo. Non la prese bene ad esempio l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, che valutò la fascia temporale troppo ampia. Sulla stessa linea si schierarono altre realtà, come l’Istituto Bruno Leoni, che nella sua ragione d’essere intende «restituire risorse all’economia, liberare la concorrenza e gli scambi e così costruire più benessere e ricchezza per tutti». Naturalmente, si oppose pure Fise Are, realtà specializzata di Confindustria e allora definita come Associazione delle agenzie di recapito espressi. Il 26 gennaio di quell’anno presentò un documento presso la Camera dei deputati, dove in sessione congiunta si riunirono i membri della IX commissione (la trasporti, poste e telecomunicazioni) e della XIV (politiche dell’Unione Europea). «Fermo restando – vi si legge tra l’altro – un necessario periodo di transizione, riteniamo che l’assegnazione del servizio universale all’incumbent con formula 5+5+5 anni non rispetti le direttive europee in materia. In un mercato liberalizzato l’assegnazione del servizio universale dovrebbe avvenire tramite una gara d’appalto europea, con la possibilità di poter concorrere per appalti anche di tipo locale su base regionale». Un dettaglio importante: al vertice di Fise Are c’era (e c’è) Luca Palermo, l’amministratore delegato di quella che si presentava (e si presenta) come la potenziale concorrente dell’incumbent (l’impresa monopolista di uno specifico mercato che tenta di bloccare l’entrata di concorrenti), ossia di Poste italiane. Nel 2011 l’azienda che guidava si chiamava Tnt post Italia, dal 2014 divenuta Nexive.
Dietro, nomi storici
Da dove viene questa società? Lo spiegano i diretti interessati. Con sede principale a Milano, nasce come Tnt post nel 1998, in seguito a successive acquisizioni di agenzie private di recapito e altre società di produzione e servizi del settore, tra cui lo storico marchio Rinaldi-L’Espresso. Nel corso degli anni Duemila, in vista della liberalizzazione del mercato nazionale, la società ha sviluppato servizi innovativi a elevato valore aggiunto, a vantaggio dell’affidabilità e dell’efficienza di processo, che le hanno consentito di conquistare un posizionamento di rilievo presso il mercato business. Poi, appunto il cambio di nome, un cambio che «esprime la vision aziendale di essere la piattaforma postale per eccellenza nel recapito della posta e dell’e-commerce, punto di connessione per aziende e persone, documenti e merci. Un passaggio che valorizza l’esperienza maturata nel passato e la rafforza». «Nexive – ha precisato Luca Palermo – significa connessione, modernità e futuro». Dietro figura una realtà internazionale piuttosto articolata. È interamente controllata da Postnl, da giugno 2011 quotata ad Amsterdam e che conta in totale 59mila dipendenti con 4,3 miliardi di fatturato Tnt, nata australiana per opera di Ken Thomas nel 1946 (Thomas nationwide transport, ecco il significato dell’acronimo), mezzo secolo dopo finì nell’orbita delle poste nazionali dei Paesi Bassi e da lì mosse le basi per espandersi. A fine 2014 le altre articolazioni maggiori risultavano operare nel Regno Unito con il marchio Whisti (21 per cento del mercato) e in Germania attraverso Postcon Deutschland (6 per cento). Nel tempo l’attività dedicata alla corrispondenza è stata separata da quella che segue i pacchi. In Italia, per esempio, il vecchio appellativo di Tnt è rimasto in capo allo spedizioniere di documenti e merci specializzato nel corriere di trasporto espresso, che ora nulla ha a che fare con Nexive. Due marchi completamente estranei l’uno all’altro. Usciti dalla porta, i colli però sono entrati dalla finestra: dal 2013, quando ne ha trattati 160mila, Nexive cerca di cavalcare il boom del commercio elettronico, ponendosi come referente per consegnare al cliente l’ordine effettuato via internet.
Le attese
Con il 12,6 per cento di quota del mercato nel 2013, Nexive non sembra apparentemente essere il candidato alternativo di Poste italiane. A confrontare i dati attuali, sembra impossibile. Perché la società oggi guidata da Francesco Caio, nonostante le periodiche razionalizzazioni, conta su una presenza capillare in tutto il territorio, anche in cima alla montagna, se c’è una comunità da servire. E questo, almeno fino agli ultimi tempi, indipendentemente dal fatto se lo specifico presidio, dal punto di vista economico, si sorregga o meno. Il concorrente ha un numero decisamente minore di riferimenti, che spesso non sono di proprietà; magari si tratta di cartolai o negozi che offrono articoli da ufficio e, al bisogno, ritirano o consegnano il plico. In sostanza, affinché possa davvero proporsi con credibilità, dovrà riorganizzarsi e potenziarsi decisamente. Un altro aspetto da tenere presente è che Poste italiane serve le aziende che operano con grandi numeri e in modo automatizzato, e su certi prodotti riconosce sconti al listino prezzi non solo per i quantitativi, ma anche per le pre-lavorazioni in carico al mittente, come la suddivisione degli invii in funzione del codice di avviamento. Ma accetta pure la lettera scritta a mano (magari con una calligrafia non chiarissima) e imbucata in una cassetta ubicata in un’isola o in un paese di campagna. Anche questa va ritirata, smistata e recapitata (è il servizio universale!). La concorrente, adesso, si occupa solo dei grandi utenti, quelli che alla fine garantiscono maggiori volumi, uniformità e guadagno.
Le lavorazioni
Dal punto di vista tecnico, un impianto di Nexive non funziona in maniera troppo diversa da quello di un altro operatore postale, anche se ha una sezione in più, che ad esempio Poste italiane gestisce attraverso società specifiche. È quella che tratta la posta ibrida, ossia spedita dal mittente in formato elettronico e solo in una fase successiva, comunque precedente la consegna, stampata.
Di fatto, il mittente può scegliere se produrre in autonomia le lettere che vuole spedire, portando all’impianto di lavorazione il corriere fisico. Oppure, se consegnare all’operatore il file. Basti pensare a circolari, estratti conto bancari, comunicazioni pubblicitarie… Vale a dire a missive standardizzate e con una componente variabile da plico a plico, come potrebbe essere una bolletta della luce, con i dati del destinatario, la specifica del consumo, la cifra da pagare.
In questo frangente, Nexive mette in gioco un’area apposita dove il documento digitale, di qualsiasi categoria possa essere, viene aperto, verificato e poi mandato alla stampa, imbustato e codificato. Pronto, insomma, per accedere allo smistamento tradizionale, insieme alle altre corrispondenze materiali. Le fasi successive sono quelle tradizionali: la suddivisione in base al cap (per ovvi motivi, è lo stesso impiegato da Poste italiane); la separazione delle missive destinate ad altri impianti cui arriveranno via gomma; il passaggio a un ulteriore ambiente di quelle che vanno recapitate nei dintorni. Al termine, ogni fattorino si trova sul tavolo i carteggi di propria competenza, che nelle prime ore del mattino organizza e avvia al viaggio finale, effettuato, secondo i casi, a piedi, in bicicletta, in moto o in auto. Tempi massimi di consegna: tre giorni dopo quello di accettazione se non si esce dal comune, cinque per località diverse, sette nel caso di Basilicata, Calabria, Sardegna e Sicilia.
Le tipologie
Con Nexive si possono spedire lettere per l’interno e per l’estero, in questo caso veicolate dalla casa madre. Poi ci sono le raccomandate, sempre nella doppia versione nazionale e per oltre confine. Non mancano le comunicazioni di marketing e le notifiche di atti amministrativi: il disegno di legge 2015 sulla concorrenza vorrebbe liberalizzare, dal 10 giugno dell’anno prossimo, le notificazioni riguardanti gli atti giudiziari e le violazioni al Codice della strada e il commento non è mancato. «Con il #ddlconcorrenza finalmente abolita la riserva sul recapito degli atti giudiziari», ha twittato Luca Palermo.
Dal punto di vista tecnologico più originale è Formula certa, capace di certificare il recapito senza bisogno che il destinatario firmi. Di fatto, in prossimità del civico di consegna, il portalettere registra il codice a una o due dimensioni presente e, per via satellitare, trasmette l’esito, che il cliente può verificare (500 milioni i plichi trattati nel 2013). Un’idea che ha avuto pure strascichi giudiziari: Poste italiane, nel settore con Posta time, secondo l’Antitrust aveva cercato di ostacolare la concorrente, per questo nel 2011 l’aveva punita con una sanzione di quasi 39,4 milioni di euro. Sentenza ribaltata nel 2012 dal Tar e nel 2014 dal Consiglio di stato.
Nel listino anche la possibilità di gestire, in un approccio più ampio, l’intero ufficio posta, offerta indirizzata (e gradita) soprattutto dalle amministrazioni pubbliche, e senza dimenticare l’archiviazione digitale che, con certe categorie di documenti, per legge può sostituire quella materiale.
L’affrancatura
Oggi come oggi, si sa, i grandi utenti non utilizzano più i francobolli. Occorrono impegno di capitale per acquistarli in anticipo, misure per conservarli e contabilizzarli e soprattutto troppo tempo per applicarli sul singolo invio. Poste italiane stessa cerca in vari modi di disincentivarne l’uso. Vuoi con servizi specifici come Raccomandata1, dove è formalmente vietato il loro impiego, vuoi con formule alternative come le affrancature da sportello, quelle meccaniche, la cosiddette sma (senza materiale affrancatura), i testi a stampa con codici identificativi, gli abbonamenti, i conti di credito. Tutte soluzioni che le evitano di dover individuare e bollare la carta valore. Carta valore che resta – quando resta – appannaggio dell’utente privato nel momento in cui, sporadicamente, spedisce la singola epistola. Nexive non si è posta il problema. Basta notare i plichi che si ricevono: dal punto di vista del tradizionale filatelista, uno smacco. Ma non per chi si interessa di storia della posta. Ovvero: la comunicazione scritta avrà cambiato e cambierà ancora le proprie modalità tecniche ed organizzative, ma permane.