Il postino “disaffrancato”
Riflessioni su come potrebbe cambiare il rapporto fra Stato e fornitore del servizio postale universale. A tutto vantaggio dei francobolli e della filatelia.
Di Giulio Filippo Bolaffi
Sono certo che il compianto Massimo Troisi avrebbe la stessa espressione malinconica della locandina del celebre film Il postino se solo potesse vedere cosa ne è oggi della lettera affrancata, attorno alla quale ruotava il suo antico mestiere. Dal 1999 Poste italiane ha fatto dell’attività bancaria un suo importantissimo centro d’interesse economico, e nel tempo si è aperta a molte altre linee di business, come quella assicurativa. All’interno di questo numero, Franco Latore nel suo approfondimento (pp. 4-6) spiega che Poste è diventata una sorta di conglomerato di attività, tra le quali da qualche parte figura ancora quella a cui i sentimentali associano per antonomasia la posta e i postini: recapitare la corrispondenza, esattamente come faceva Mario Ruoppolo con il poeta Pablo Neruda, interpretato da Philippe Noiret, nell’indimenticabile pellicola del 1994.
A questa, ormai marginale, attività di Poste è legato il nostro amato francobollo che, contrariamente al credo comune, non viene emesso da Poste stessa ma dal ministero dello Sviluppo economico: un dettaglio sostanziale che spesso ci troviamo costretti a ricordare anche sulle pagine del Collezionista. Spunto per questo editoriale è stata la riflessione sul perché le nuove emissioni di francobolli italiani oggi si debbano comprare, con sempre maggiori difficoltà, solo presso gli sportelli postali e i tabaccai, e non anche in altri punti vendita, magari online, come qualsiasi altro bene di consumo. La risposta è scritta nella legge e necessita di un articolato riassunto che – avviso i lettori – potrebbe risultare un po’ tecnico. La delibera dell’Autorità garante delle comunicazioni 385/13, che regolamenta il servizio universale postale, a fronte di determinati accordi affida a Poste l’espletamento dell’attività di consegna della corrispondenza, che una volta veniva quasi sempre affrancata con i francobolli e che oggi, per via della normale e giusta evoluzione tecnologica, lo è solo in minima parte. Il servizio universale affonda le sue
radici molto indietro nel tempo, quando i francobolli servivano sul serio per affrancare la corrispondenza, per cui la loro distribuzione, parte principale dello stesso servizio universale, giustamente era appannaggio esclusivo del titolare di tale attività. Oggi non è più così: il servizio universale si presenta rinnovato in molte parti ma non in quella relativa a chi è titolato alla distribuzione dei francobolli. Tralascio in questa sede gli aspetti economici che disciplinano la rendicontazione dei francobolli tra l’emittente (il Mise), e il distributore (Poste S.p.A.), sebbene sia intuitivo che il valore facciale dello stesso francobollo generi un margine minore se il distributore deve effettivamente svolgere il servizio di consegna della corrispondenza rispetto a quello in cui, dopo la vendita del francobollo, lo stesso finisce nella casella di un album. Oggi i francobolli hanno come principale ragione di esistere il fine celebrativo da parte dello Stato, in seguito c’è la loro vocazione collezionistica. Per questo mi sembra ormai ingiustificata la necessità di un vincolo indissolubile tra lo Stato e il fornitore del servizio postale universale, assolto senza francobolli, e la vendita in esclusiva dei francobolli stessi. Invito quindi Agcom e Mise a riflettere su questi aspetti, a pensare a quali attività dovrebbe obbligatoriamente svolgere il soggetto a cui è affidato l’incarico di distribuire i francobolli, che sono emanazione del messaggio celebrativo e commemorativo dello Stato, e ipotizzare se non sia opportuno allargare la platea dei soggetti autorizzati a farlo.
Se così fosse, sono convinto che cambierebbe molto lo stato in cui versa la filatelia: l’affidabile postino continuerebbe a essere portatore di corrispondenza “disaffrancata” ma molti più utenti potrebbero avvicinarsi all’acquisto di francobolli, magari a costi inferiori, in modalità e per ragioni diverse. E alla fine nascerebbero dei nuovi collezionisti…